Francesco Impallomeni torrefattore
- 12 Giugno 2015
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La sezione Italiani a Copenaghen inizia con la storia di Francesco Impallomeni, torrefattore di Parma, che si è trasferito in Danimarca un anno e mezzo fa. A Spasso con Elena è andata a trovarlo martedì 9 giugno nella sede della startup per cui lavora, ovvero Nordhavn Coffee Roasters, a Nordhavn (Copenaghen). L'intervista qui sotto non solo ci regala delle nozioni dal mondo del caffè, ma ci svela anche, tra le altre cose, quali sono i gusti dei danesi e quali le difficoltà di un italiano in Danimarca.
BUONA LETTURA!
~ Ciao Francesco! Perché hai scelto la Danimarca e quali sono state le prime difficoltà del tuo cambiamento di vita? ~
Ciao Elena! Io ho un background, una formazione ed un'esperienza di lavoro che non sono legate esclusivamente al mondo del caffè, ma negli anni...mi sono appassionato sempre di più a questo settore e, uno dei motivi per cui sono qui in Danimarca, è il mercato, interessante, per il caffè.
Il primo impatto è stato otto anni fa, nel 2007, quando ho trascorso un semestre accademico a Roskilde finalizzato alla ricerca per la tesi magistrale. Quindi, prima del trasferimento di un anno e mezzo fa, avevo già vissuto la Danimarca dal punto di vista di un residente e non da quello di un turista, e avevo già potuto assaggiare il livello dei servizi. Così mi dissi all'epoca: "Il giorno in cui avrò famiglia, vorrei tornare qua". Una delle scene che mi colpì molto all'epoca e a cui non ero assolutamente abituato era quella dei padri giovani con bambini. La questione lavorativa e il fatto, quindi, che sono diventato padre nel 2012, hanno remato a favore della Danimarca.
La prima difficoltà è stata la lingua. Ho voluto impararlo da subito per relazionarmi con la gente e per sentirmi integrato. Solo che il danese è una lingua difficile e tutti parlano l'inglese. L'inglese è stato infatti un ostacolo per imparare bene il danese. E poi le difficoltà sono quelle che ha chiunque inizi una nuova vita in un paese nuovo, diverso per certi versi, ma per altri comunque un paese europeo, in cui certe dinamiche sono le stesse. Da immigrato italiano, europeo, avevo comunque un accesso un po' più privilegiato rispetto a quelli che sono i lavoratori migranti che vengono dai paesi non appartenenti all'unione europea. All'inizio non conoscevo nessuno e, soprattutto, non avevo ancora una figura professionale definita. Inserirsi, mettere un piede nel mercato del lavoro è la difficoltà più grande. Essendo io una figura ibrida, è stato difficile entrare nel mercato.
Il motivo per cui mi sono trasferito qua per il caffè è perché i danesi ne sono dei gran consumatori, credo i terzi al mondo, e quindi sapevo che avrei trovato un mercato interessante. In Italia invece è tutto fermo, immobile, congelato e viviamo di rendita. Amiamo sederci sul passato, ci crediamo i migliori in tutto e, anche nel caffè, questo ci ha portato a smettere di innovare, di cercare nuovi modi di produrre e di consumare. In Danimarca, come negli USA, ci sono dei margini più interessanti per chi vuol sperimentare cose nuove. All'inizio, non essendo un torrefattore professionista, ho iniziato a lavorare come barista, il che mi è servito tantissimo per imparare a conoscere i gusti dei danesi. I danesi sono molto diversi dagli italiani rispetto al consumo del caffè. L'esperienza come barista mi sta tornando molto utile adesso che sto lavorando nella produzione perché mi ha permesso di raccogliere indicazioni importanti su che tipologia di caffè piace ai danesi o quali sono le cose che potrebbero piacere di più.
~ Di cosa ti occupi concretamente? E che cosa sono il "caffè sostenibile" e il "caffè slow"?~
Tosto caffè. Compro caffè verde, crudo, da due importatori europei (uno di Barcellona, l'altro di Alba, in Piemonte) che hanno dei rapporti privilegiati con le cooperative nei paesi produttori e quindi ciò mi consente di puntare su dei caffè tracciabili, che hanno un focus sulla sostenibilità ambientale e sociale e che siano caffè di qualità, cioè con caratteristiche organolettiche che li rendono superiori ai caffè commerciali o commodity (i caffè anonimi che siamo stati abituati a bere, senza avere informazioni sull'origine e sul profilo che hanno in tazza). Questa è l'innovazione più grande nel mondo del caffè. Quello che è successo nel mondo del vino, sta succedendo anche nel mondo del caffè e, in Danimarca, più velocemente.
Il caffè è una coltura che nasce e cresce in un habitat particolare. È una coltura d'ombra che deve cioè crescere all'ombra di piante più alte e in altura. La raccolta deve essere fatta in maniera selettiva a mano, quindi è ad alta intensità di manodopera. Una serie di cose fanno di questa coltura un prodotto speciale, ma la maggior parte di caffè che si beve nel mondo non è sostenibile, ma coltivato a basse latitudini, in monocoltura, in piantagioni al sole e, spesso, come avviene in Brasile e Vietnam – che sono i principali produttori – in maniera altamente meccanizzata. Tutto ciò fa sì che ci sia una pressione enorme sull'ambiente e sulle risorse umane che sono impiegate e quindi lavorare sui caffè sostenibili, speciali, tracciabili, è un modo per spiegare al consumatore qual è l'impatto delle nostre scelte quotidiane sull'ambiente e sull'intera filiera.
Il caffè sostenibile può essere slow oppure no. Slow food è stato per me un laboratorio importantissimo perché mi ha permesso di entrare a contatto coi produttori nei paesi di origine e ho potuto visitare le piantagioni, le cooperative che producono e quindi, oggi, ogni volta che tosto un caffè, conosco le facce di chi c'è dietro, che è un modo per dare un'identità a quella che è sempre stata considerata una commodity, una materia prima anonima.
~Come amano bere il caffè i danesi?
I danesi bevono tantissimo caffè, ma anche latte. Il latte è sempre stato utilizzato, come lo zucchero, per addolcire e rendere più bevibile un caffè nero, lungo, che altrimenti sarebbe molto amaro. Quindi, questa moda è rimasta e oggi i danesi bevono tanto caffè latte. Negli ultimi anni però si è sviluppato tantissimo il mercato dell'espresso, che non viene bevuto semplice, come da noi, in Italia, ma con il latte e le bevande principali sono il caffè latte, il cappuccino e il caffè macchiato/espresso macchiato e ovviamente l'americano, una versione più moderna del caffè filtro nero che ogni famiglia danese consuma quotidianamente
~ Da buon torrefattore, tu come lo preferisci, quanto ne bevi e come lo fai a casa? ~
Io lo preferisco, se buono, espresso, sennò ci devo mettere un po' d'acqua per fare un americano. Facendo questo lavoro però mi capita raramente di bere del caffè cattivo. Amo l'espresso e credo che questa sia la sfida più grande per un italiano, quella di fare apprezzare ai danesi l'esperienza di un espresso, che anche se fugace e rapida, ha un suo perché.
I giorni in cui non devo assaggiare il caffè, bevo due/tre espressi al giorno.
A casa ho una french press, che è un presso filtro, cioè un modo semplice di estrarre il caffè e quello che si ottiene è un caffè filtro. Però ho anche una moca e poi mi piace provare tutti i nuovi metodi di estrazione del caffè, come il pour over, l'aeropress, e le altre nuove forme sviluppate nel mercato per apprezzare il caffè tostato con delle note più fruttate.
~ C'è qualche cosa che ti manca dell'Italia che in Danimarca non c'è o non si trova? Se sì, cosa? E che cosa esporteresti invece dalla Danimarca che l'Italia non ha? ~
Anche se dirlo è forse una banalità, dell'Italia mi manca il tempo. Vengo dal nord Italia e quindi non c'è tutta questa differenza, ma gradirei se qui ci fosse qualche grado in più, almeno in estate. Tempo a parte, manca la possibilità di scegliere tra una diversità di prodotti alimentari che non si hanno sia per questioni climatiche ma anche per come è organizzata la filiera agro-alimentare e la distribuzione. Anche tra gli scaffali dei supermercati più forniti, la scelta è ridotta rispetto all'Italia. Essendo una persona che tiene tantissimo alla qualità del cibo e alla varietà degli ingredienti che usa quando cucina, questo è il limite più grande.
Della Danimarca esporterei in Italia, se potessi, il welfare, nel senso del tempo che lo stato concede alle famiglie per stare con i propri figli e per godere di quei soldi che ti lascia in banca a fine mese.
~ Dove si beve quindi il caffè più buono a Copenaghen? ~
Certamente presso Nordhavn Coffee Roasters. Siamo una piccola startup, ma stiamo crescendo e spero di poter distribuire il caffè in vari punti a Copenaghen e in altre città in Danimarca. Ci sono comunque tanti altri coffee shop e torrefazioni interessanti, quindi la concorrenza c'è , però è quello che rende questo mestiere dinamico.
Grazie a Francesco Impallomeni per la disponibilità concessa e per il buonissimo caffè offerto ad A Spasso con Elena!